Il declino di Torino e dell’area metropolitana (2)

Intervista a Massimo Varrone

… ho iniziato nel 2006 con un’attività in via Cibrario nel centro di Torino. Nel 2007 sono venuto a San Mauro ed ero molto contento perché si lavorava bene…

Grazie Massimo per aver partecipato a questo incontro. Il nostro blog raccoglie storie tra chi ha voglia di raccontarle. Abbiamo dei temi portanti di carattere generale e un tema locale a noi caro: il declino di Torino e della sua area metropolitana che sembra aver perduto la sua vocazione alla crescita economica.
Tu sei un imprenditore con una lunga esperienza nel settore della ristorazione, con un bar nella prima cintura torinese. Avremmo piacere che tu ci raccontassi la tua esperienza sul “campo” sapendo quanto sia stato difficile arrivare fino a qui, passando da una crisi economica, pandemica e adesso anche energetica.

Vado subito al punto. Ancora prima della pandemia si cominciava ad intuire che sul piano economico qualcosa non stava funzionando. L’avevo percepito e cominciai a preoccuparmi: aumentavano i costi, le entrate si riducevano. Poi è arrivato il covid. Pensavo fosse la guerra, ma il peggio doveva ancora arrivare. Dopo l’emergenza abbiamo visto una lieve ripresa di alcuni mesi, ma da marzo del 2022 in poi la situazione è decisamente peggiorata.
Abbiamo cominciato a vivere una fase molto preoccupante: non vedevi proprio più la gente in giro a passeggiare mentre i consumi si riducevano. Ti faccio un esempio: io sono sempre stato forte nella ristorazione perché facevo anche 40 / 45 coperti, oggi mi ritrovo a farne la metà e non so darmi una spiegazione, se non quella dei costi.

I costi di cui parli sono quelli energetici, quelli di gestione delle materie?

Nell’ultimo periodo i costi delle bollette sono triplicati e quelli delle materie prime li stanno seguendo. Un altro esempio pratico: i costi degli ordini relativi alla cucina sono praticamente raddoppiati, senza che vi sia stato un incremento proporzionale dei guadagni. Non è il mio caso, ma se il costo dell’affitto aumentasse, mettendo insieme le tre variabili, bollette muri materie prime, dovrei chiudere l’attività. Se cerchi su Immobiliare.it ti puoi accorgere che molti locali di San Mauro centro sono in vendita, senza che ciò corrisponda ad una esplicita dichiarazione di allarme dei commercianti. Forse per questo il bando del Comune che stanziava a fondo perduto 500 € a favore del commercio ha avuto pochissime adesioni. Il bando prevedeva che il beneficiario non avesse debiti e questo è un po’ in contraddizione con lo spirito stesso dell’aiuto. 

Riassumiamo: i costi quasi duplicati, le entrate dimezzate, una propensione al debito, il pudore a chiedere aiuto.

È così. Inoltre, adesso è subentrato il problema banche. Effettivamente lo Stato durante il Covid ti ha aiutato con rapidi finanziamenti a tasso zero o a fondo perduto. Adesso la banca, che dovrebbe essere il naturale finanziatore dell’impresa a cui chiedi i soldi per poter pagare le tue bollette, ti risponde che per avere un finanziamento prima devi dimostrare di non aver debiti.

Quindi prima lo Stato aiutava, oggi non più e le banche hanno chiuso i rubinetti. Massimo si può dire come effetto paradosso che l’attuale situazione è peggio del covid?

Dal mio punto di vista è sicuramente così.

E adesso che sembra una fase nuova post emergenziale, dove in teoria è nuovamente possibile ricevere il cliente e fornirgli un servizio, tu cosa stai riscontrando?

Sto riscontrando che il cliente non esiste più e chi è abituato a lavorare col ceto medio fa fatica. 

Ma secondo te è più una propensione a risparmiare o è proprio povertà. Qual è la tua percezione quotidiana?

Guarda, la domenica pomeriggio il mio salone era pieno per la maggior parte di famiglie. Poi le famiglie piano piano sono scomparse, sostituite, parzialmente, da coppie di adulti o giovani. Un giorno ho visto una famiglia, forse era novembre, ho provato a chiedere e loro mi hanno detto “Oggi ci siamo tolti lo sfizio di venire al bar e prenderci la cioccolata”. Questo mi ha fatto capire che quando hai due figli che vanno a scuola, e la scuola in Italia costa, non puoi più permetterti quello che ti permettevi prima.

Prova a parlarci del tuo ambito economico, quali sono i tuoi obiettivi come imprenditore e cosa vorresti fare.

Io ho iniziato nel 2006 con un’attività in via Cibrario nel centro di Torino. Nel 2007 sono venuto a San Mauro ed ero molto contento perché si lavorava bene. C’era un bellissimo clima commerciale e la sensazione di essere se non proprio sostenuti, ma almeno compresi dall’amministrazione comunale. In quel contesto, la mia prospettiva era di lavorare duro per 10/12 anni e quindi di raggiungere un equilibrio economico e un meritato benessere. Rendere solida la mia attività nella prospettiva di un successivo meritato riposo era quello che desideravo. Oggi la prospettiva meno traumatica è ristrutturare l’attività, provando ad esempio a bilanciare tra bar e ristorante, puntando ovviamente dove hai più margini per poter sopravvivere e tagliando, se è il caso, dove invece non ne hai o addirittura sei in perdita. Prima si lavorava molto per gli uffici, arrivando anche a 40 coperti al giorno. Oggi siamo contenti se ne facciamo 25, ma è sempre più remunerativo del bar per il quale occorrono numeri molto più elevati per avere gli stessi margini della ristorazione.

Lo smart working ha contribuito alla riduzione degli incassi?

Molto. A San Mauro molti impiegati hanno fatto e fanno smart working. Devo dire che la mia utenza è molto sbilanciata verso Settimo e la Barca, ma le problematiche indotte dallo smart working sono analoghe.

L’attuale crisi energetica, che è un’evoluzione della crisi pandemica e della guerra, quanto sta incidendo sulle tue prospettive future e c’è una soluzione secondo te?

Incide per un 60%. Quando prima pagavo 1.800 € di luce a bolletta, adesso sono arrivato a pagare quasi 6.500€. La soluzione paradossale è ridurre il lavoro. Prima eravamo anche una gelateria che faceva gelati artigianali tutto l’anno, mentre ora lo produciamo solo nella stagione estiva. Adesso la mia grande preoccupazione è la bolletta del gas perché non posso far mangiare la gente al freddo. Il lavoro non compensa le spese e tenere aperto il locale significa avere dei costi di gestione maggiori. Mi è capitato di fare due conti e di decidere di chiudere in anticipo per poter risparmiare almeno sui costi di energia.

Ma conta avere un locale grande o piccolo?

Certamente, con un locale piccolo risparmi sulle bollette e sull’affitto, ma è chiaro che ogni attività è un caso sé, una storia a sé che non puoi modificare rapidamente. Gli eventi economici sono più rapidi di prima e tu hai meno flessibilità per poterli affrontare a tempo.

La politica di San Mauro e l’associazionismo come si relaziona con il vostro mondo?

Io vorrei che l’amministrazione sviluppasse il commercio sammaurese. Non sono in grado di dire come, non è il mio mestiere, ma vorrei che San Mauro non fosse solo visto come paese dormitorio e non si considerasse il lavoro dei commercianti come qualcosa di acquisito per sempre perché fatto da persone che sono sul territorio da una vita. Io vorrei un tavolo dove si parli di sviluppo del commercio San Mauro.

Quindi un tavolo di confronto, ma anche di sostanza e operativo?

Io credo che a San Mauro ci siano dei settori dove la diversificazione la concorrenza è alta (il mio è uno di questi e dico per fortuna). Purtroppo, questo non è vero per altri settori e se manca la concorrenza il cliente si rivolge altrove, facendo perdere a San Mauro una bella fetta di commercio. Non è sufficiente invitare la gente a consumare qui invece di andare a Torino o a Settimo, ma occorre creare le condizioni affinché questo avvenga. Abbiamo bisogno anche nel nostro piccolo di un’isola commerciale (attenzione, non un’isola pedonale perché la nostra viabilità lo impedisce); abbiamo bisogno di un tavolo per sviluppare la visibilità commerciale della città. Un altro esempio: in primavera e in estate arriva tantissima gente da Torino e da altre città, potenziali clienti che ritengono che San Mauro sia una bellissima cittadina da vivere nel fine settimana. Dobbiamo dare loro la possibilità di trovare, oltre alla bellezza paesaggistica, anche una motivazione commerciale. Il Comune deve sponsorizzare maggiormente il suo territorio anche per le opportunità commerciali che possiamo e dobbiamo offrire. 

Qualcosa è stato fatto per il cibo di strada, anche se ci permettiamo di dire che la quantità è andata a discapito della qualità.

Vero e sulla qualità. Per tornare al punto dobbiamo incalzare positivamente l’amministrazione, attraverso la nostra associazione o anche come singoli imprenditori, per un confronto continuo sullo sviluppo del commercio. Concorrenza, qualità, organizzazione, promozione anche commerciale del territorio: questi sono i punti cardine da affrontare. Occorre fare presto.

One Reply to “Il declino di Torino e dell’area metropolitana (2)”

  1. Tanti temi, direi lucidamente elencati dall’intervista. Sicuramente il tema tributario è molto importante. In un locale ampio come quello dei Varrone, la raccolta rifiuti ampliata dal metraggio si trasforma in una vera e propria patrimoniale impropria. I meccanismi per l’attenuazione ci sono, ma sono insufficienti.
    L’unico modo equo di tassare una attività di erogazione mi pare non sia certo la dimensione, ma il costo (per i rifiuti) o il giro d’affari (per tutto il resto, compresa l’occupazione del suolo pubblico). L’accertamento sarebbe semplice, la tassazione sarebbe certa. E sarebbe percepita giusta. Per quello che riguarda San Mauro in particolare credo che un problema specifico sia la difficoltà di sosta. Nei negozi del centro, io non ci vado quasi mai, perchè semplicemente non posso attraversare il ponte carico di pacchi per arrivare alla macchina. Per questo, mi pareva a suo tempo interessante l’ipotesi di un centro commerciale all’uscita verso Castiglione. Non è un paradosso: un parcheggio a duecento metri da piazza Europa avrebbe trainato sicuramente la ristorazione del centro, ma anche i negozi di qualità. L’aumento di offerta spesso genera un aumento di domanda più che proporzionale (esempio classico: due cinema contigui lavorano più del doppio di un cinema solo). Secondo me avrebbe funzionato.

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