Il declino di Torino e dell’area metropolitana (4)

Cambiare Torino?

Recensione del libro Chi ha fermato Torino?
[Bagnasco, Berta, Pichierri, Einaudi 2020]

Qualche giorno fa il Sindaco Lo Russo ha dichiarato che ogni scadenza del PNRR a Torino è stata rispettata. Ed anzi ha richiesto, come altri Sindaci hanno già fatto, di girare ai Comuni i fondi a rischio di non essere spesi perché gli stessi hanno capacità di raggiungere gli obiettivi nei tempi prefissati. Buone notizie direi, figlie di un ottimismo di cui in genere Lo Russo è sempre parco, e quindi più apprezzati. Non sono in grado di analizzare il Piano come dovrebbe (per visionarlo andate sul sito https://www.torinocambia.it/ , ma anche https://openpnrr.it/territorio/001272 ) e dirvi quanto gli interventi previsti son “riparazioni” di disastri esistenti, o continuazione degli interventi previsti e non realizzati o hanno anche una prospettiva più ampia, di cambiamento (ma le ”riparazioni” direte voi, possono anche essere cambiamenti strutturali o profonde rivoluzioni al sostrato urbano e sociale della Città … vero, ma rimanderei questa discussione ad altri momenti).

Credo però sia inutile offrirvi proprio oggi, quando magari alcuni argomenti contenuti nel libro citato siano stati superati dai fatti, possa essere utile commentare il volume di Bagnasco, Berta e Pichierri, magari alla luce di quanto messo in evidenza dalla interessante ricerca di KKIENN, Le cause profonde del declino di Torino.

Innanzitutto gli autori: Arnaldo Bagnasco, Giuseppe Berta e Angelo Pichierri sono tre importanti personaggi molto conosciuti a Torino e che conoscono molto bene la Città ed il periodo che va dalla elezione del Sindaco Castellani ai giorni nostri. Per competenza, incarichi professionali avuti e ruolo svolto non possono essere certo considerati estranei o semplici osservatori della realtà torinese ed i loro argomenti sono, infatti, non la mera riproposizione di concetti già conosciuti ma, soprattutto se letti in filigrana, ci raccontano una parte consistente della storia di questa città. Molto in sintesi: ad un periodo pieno di progettazione e partecipazione è seguito dal 2008 in vanti un periodo di crisi, sempre più complessa sia sul piano economico dove il combinato disposto tra debiti, diminuzione dei trasferimenti statali e crisi finanziarie ha avuto effetti devastanti, sia sul piano della partecipazione. E non soltanto per via della riduzione delle risorse (lo dico io, non lo dicono loro) ma anche nella mancanza di fiducia in quel metodo partecipativo visto soprattutto come metodo consociativo tra i diversi interessi cittadini. Rappresentato soprattutto dalla Giunta Appendino (anche questo lo dico io, loro non fanno nomi).

Tutto questo è spiegato bene dai tre autori che hanno reso il volume di facile lettura. Troppo, secondo me, perché qualche numero in più che giustifichi alcune loro affermazioni ridurrebbe il carattere apodittico delle stesse e gli darebbe un po’ più di peso. Soprattutto per chi come me non ha sempre intorno i numeri significativi sulla Città. Che a parte quelli demografici potrebbero essere quelli di trasferimento di risorse dallo Stato e loro destinazione, spese ordinarie e straordinarie del Comune, totale delle risorse investite per ambiti diversi, ecc. Tutto in una prospettiva di almeno 30 anni.

Ma la mancanza di questi numeri è accettabile se il volume stesso, come appare, è rivolto ad un pubblico più ampio di quello della macchina amministrativa e politica. Ed è un vantaggio.

Non si sottolinea a sufficienza, a mio avviso, quanto il flusso di finanziamenti statali ed europei sia stato determinante per mettere in moto il cambiamento, e quanto l’intervento privato abbia caratterizzato alcune scelte urbanistiche di rilievo, come per esempio il grattacielo di Intesa San Paolo, il palazzo Lavazza etc. ma sempre e solo da parte di grandi player il cui rapporto con la città è diretto e privato. Non mediato attraverso disegni di sviluppo urbanistico e sociale di cui la città è ricca.

O per esempio lo sviluppo di molte aree della cosiddetta “movida” favorite come incentivo a costo zero, o quasi, di alcune aree degradate e che oggi mostrano i segni del degrado sociale che portano con sé. E per quanto riguarda una città che pensa al suo sviluppo non soltanto dal punto di vista economico-urbanistico ma anche da quello sociale forse una attenzione maggiore la merita.

Il volume non entra, giustamente, nelle singole vicende ma si sofferma sulle cause, esogene ed endogene, che hanno causato lo stop, anzi l’arretramento che abbiamo vissuto negli ultimi anni. E queste son sempre in agguanto: non tanto e non solo quelle economiche finanziarie, quanto quelle partecipative. Su questo il volume lamenta, con toni diversi, la mancanza di questo dialogo continuo tra Comune e suoi abitanti: si veda per esempio l’evidente fastidio con cui sono vissute le Circoscrizioni da parte dell’amministrazione centrale. E questo silenzio permane, almeno nelle forme che abbiamo conosciuto nel passato. Certo l’amministrazione ha mille modi per mantenerla viva questa interlocuzione, formalmente e informalmente, e l’ha anche esercitata. Ma un osservatore esterno come me (e come la maggioranza degli abitanti di questa città) non la percepisce. O la percepisce come debole e solo formale.

Da questo punto di vista un approfondimento della ricerca realizzata da KKIENN sulle motivazioni di questo declino, in comparazione con altre Città a cui usualmente facciamo riferimento, da spunti importanti su cui riflettere. Anche sulla praticabilità nel medio e lungo periodo di obiettivi culturali che ci potremmo porre. 

Sento, infatti, nella lettura del volume einaudiano, una carenza di argomenti di questa natura, che sono alla base, secondo me, di alcuni cambiamenti possibili e di altri del tutto velleitari. Non è colpa dei tre autori, sia chiaro, ma è altrettanto necessario ricordarsene quando vedremo i risultati degli interventi annunciati col PNRR.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *