Di cosa parliamo quando parliamo di Diritti?

Non è una frase retorica ma la constatazione di quanto multiforme e sfaccettata possa essere la definizione di un termine tanto abusato quanto discusso. Soprattutto se ci spostiamo con troppa facilità e senza cambiare registro dall’ambito del diritto, quello proprio, a quello sociale o culturale, ove in entrambi si usa il termine diritto senza ancorarlo a nulla se non alle proprie convinzioni o alla consuetudine. 

Per esempio: è un diritto quello dell’aborto legale? Ed è un diritto l’uso del proprio corpo? È un diritto fare figli ed allevarli? L’autodeterminazione è un diritto riconosciuto dal nostro ordinamento o dalla cultura, e solo quella che lo ritiene tale? 

Come vedete ho citato alcune delle questioni più consistenti e conosciute che oggi sono al centro di tante discussioni e che tengono conto né di una definizione condivisa di “diritto” né dell’ambito di espressione dello stesso. 

Ora, ricordando una cinica frase ad effetto del mio professore di diritto, “diffidate di ogni definizione”, non vi propongo cosa sia per noi, o per me, DIRITTI, ma su cosa sia necessario riflettere quando si parla di essi. 

  1. Dobbiamo all’Illuminismo, come è noto, l’introduzione in ambito giuridico di tre concetti fondamentali per comprendere l’evoluzione del Diritto da allora ad oggi: Eguaglianza, Diritti e Discriminazioni. Tutti e tre sono in gioco quando si parla di potere e della sua distribuzione all’interno della società, e ciascuno di essi richiama, esplicitamente o implicitamente, gli altri, tanto che si tratta di un sistema coerente da tenere ben presente quando si affrontano tali temi. 
  1. Come è noto le nostre società sono basate su una serie di Diritti e di Doveri: per i primi siamo ancora alla ricerca di un catalogo esaustivo che li elenchi tutti, ma sappiamo che essi evolvono come si evolve la società, e il diritto corre per comprendere quelli nuovi. Mentre per i doveri, stabilito il valore non normativo dei 10 comandamenti di cattolica memoria, ci affidiamo a quanto prescritto dal Codice penale, o poco più. Non credo che basti questo esercizio, ma qui è importante riconoscere la loro esistenza, perché una società giusta ha bisogno che siano riconosciuti e rispettati entrambi. 
  1. Credo non ci voglia tanta perspicacia nel comprendere quanto di Antropologia ci sia nel dibattito giuridico: perché le persone sono depositarie di diritti e di doveri? In base a cosa diciamo che alcuni si chiamano “diritti umani” ed altri “diritti civili”, al di là delle differenze linguistiche? Come vedrete non è una discussione sugli orpelli del diritto, ma sui suoi fondamentali e sull’idea di persona che abbiamo. 
  1. Di tutte le possibili citazioni su questa materia che si possono fare ne scelgo una, quella di John Stuart Mill “Quando definiamo il diritto di una persona, vogliamo dire che la persona ha una richiesta valida nella società di essere protetta nel suo possesso del diritto, sia con la legge, che con l’educazione e l’opinione pubblica”. Credo sia sufficiente per avviare una discussione concreta, non solo teorica. 

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